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Volume 8 (2002) No. 1

Jeffrey Kurtzman and Linda Maria Koldau

Trombe, Trombe d'argento, Trombe squarciate, Tromboni, and Pifferi in Venetian Processions and Ceremonies of the Sixteenth and Seventeenth Centuries

Document 11: Giovanni Stringa's account of the coronation of Dogaressa Morosina Morosini Grimani. From Francesco Sansovino and Giovanni Stringa, Venetia città nobilissima, et singolare, descritta già in XIIII. Libri da M. Francesco Sansovino et hora con molta diligenza corretta, emendata, e più d'un terzo di cose nuove ampliata dal M.R.D. Giovanni Stringa, canonico della Chiesa Ducale di S. Marco.  Nella quale si contengono tutte le cose, così antiche, come moderne, che nell'ottava facciata di questo foglio si leggono. . . In Venetia, presso Altobello Salicato.  MDCIIII.  The version below is taken from the later, further enlarged edition: Francesco Sansovino, Venetia, città nobilissima et singolare, descritta in XIIII. Libri . . . nella quale si contengono tutte le guerre passate, con l'attioni illustri di molti senatori, le vite de i principi, & gli scrittori Veneti del tempo loro, le chiese, fabriche, edifici, & palazzi publichi, & privati, le leggi, gli ordini, & gli usi antichi, & moderni, con altre cose appresso notabili, & degne di memoria; con aggiunta di tutte le cose notabili della stessa città, fatte, & occorse dall'Anno 1580, fino al presente 1663 da D. Giustiniano Martinioni . . . In Venetia, appresso Steffano Curti, MDCLXIII. (reprint ed., Venice: Filippi Editore, 1968), 416–32.

Quando fu coronata in Prencipessa Moresina Moresini, moglie del presente Doge Grimani, che veramente fu splendidissima, & regale, & non punto inferiore alla predetta: [Sansonvino's description of the coronation of Dogaressa Zilia Dandola in 1557] & però io, che mi trovai presente ad un tanto fatto, & vidi minutamente il tutto, hò voluto prender carico di descriver in questo luogo al meglio potrò il modo, che fu tenuto, il quale ancor che sia quasi il medesimo, che'l predetto: tuttavia mi è piacciuto [sic] di questo ancora farne particolar mentione; accioche resti appreßo à i posteri memoria di una tanta solennità. 

Et hò voluto descriverla brevemente in questo luogo sì per non attediar il Lettore, sì anco perche è stata descritta, & mandata in luce da altri, e specialmente da Giovanni Rota, che è stato per certo diligentissimo scrittore di simil soggetto con non poca sua lode.

Per dar principio adunque a si nobil materia, dico, che essendo stato l'anno 1595, à i 26. d'Aprile assunto al Principato Marino Grimani, che ancora felicemente vive, si vide subito la Città esser tutta d'infinito giubilo, & allegrezza ripiena, & in particolare il popolo intesa c'hebbe tal'elettione mostrò tanti segni d'allegrezza, che non se ne videro così grandi in tutte le altre creationi di Dogi paßati; poiche abbandonate le case, le botteghe, & le proprie facende, correva egli al Ducal Palazzo cantando, & inalzando sin al Cielo le lodi sue in modo, che non si potrebbe il tutto à pieno raccontare, la qual allgrezza essendo durata in ciascuno per molti giorni; per non dir mesi; finalmente venne in gran desiderio la Città tutta, che'l Doge si risolvesse horamai di far incoronar sua moglie, havendo egli lasciato scorrer ciò quasi, due anni (se ben'è tenuto di farlo per la sua promissione) in termine d'uno per alcuni rispetti; concernenti il ben publica; fece adunque risolutione di compiacer la Città di cosa tanto aspettata, e desiderata da lei; essendo passati all'hora 40. anni, che non si vide simile cerimonia; & communicato questo suo pensiero in Collegio, fu da tutti approvato.

Hor pubblicata questa risolutione, la Prencipessa mandò tosto ad invitare, come fu fatto 400. Gentildonne, & Cittadine, che dovessero giusta il solito accompagnarla, & presenti ritrovarsi alla sua Coronatione; le quali tutte procurarono à gara una dell'altra di comparer (come fecero) pomposissimamente adorne, e ricchissimamente addobbate. Dall'altra parte il Prencipe, mandati à chiamare avanti di se i Gastaldi, & i Compagni delle Arti della Città, à i quali per consuetudine antica tocca di adornare il Palazzo, e di accompagnare in simile occasione il Bucintoro con Bergantini, adornati di panni di seta, & di tapeti, disse loro (come è obligato di fare per la sua commissione) quest'appuntamento; soggiugnendo poi, che egli non per altro lo communicava loro, che per osservare quanto in tal occasione fatto havevano i suoi precessori: & che da loro altro non desiderava, che quello, che senza incommodo, & con manco spesa possibile ogn'uno si sentiva di voler fare.  Dati questi ordini, & messo in punto il tutto, venne il determinato giorno, nel quale far si dovea questa solennità; & perche passasse con ogni quietezza, & riusciße tanto più magnifica, & famosa, furono eletti quaranta Nobili di 25. in 35. anni, i quali deliberarono di ordine del Colleggio di poner ogni loro spirito in procurare, che ella così passasse, con quella sodisfattione, che era dall'universale desiderata.

Il giorno adunqùe deliberato, fu il quarto del mese di Maggio, & giorni di Domenica, correndo l'anno di Nostro Signore 1597. havendosi prima otto giorni innanti accommodate le Arti nelle stanze, & luoghi de i Magistrati, & de gli Officij di Palazzo, con gli ornamenti, come più à baßo dirassi.  Hor in detto giorno verso le diciotto hore1 cominciarono à partirsi di Palazzo i Consiglieri, i Capi di Quaranta, con sessanta altri Gentilhuomini del Corpo del Senato, che si erano un'hora innanti ridotti nella Sala del Doge, i quali co i Comandatori, con gli Scudieri di sua Serenità, co i Secretarij, Cancellieri Ducali, & Cancellier Grande innanti, come si usa quando esce il Doge di Palazzo, discesi le scale, s'inviarono verso la Loggetta del Campanile, e poi per la strada sotto la fabrica della Libraria se n'andarono al Bucintoro, nel quale ascesi, giunsero con quello, & con le piatte Ducali alla casa propria del Doge, posta à San Luca sopra il canal grande; dove giunti, al suono di trombe, e di tamburi, & allo strepito di molte artiglierie ascesero tutte le scale, & pervenuti di sopra nella Sala, il Cavaliere del Doge andò à levar la Prencipèssa, che se ne venne subito ad incontrarli, accompagnata dalla moglie dell'.Ambasciatore dell'Imperatore, che le stava à man sinistra, & dalle mogli di quattro Procuratori, cioè Giovanni Soranzo Cavaliero, [sic] di Andrea da Legge, di Paolo Paruta Cavaliere, e di Paolo Nani, e dalla moglie di Domenico Vico gran Cancelliere, con la sorella della detta Ambasciatrice, & con la sorella, figliuole, & nipote proprie, caminandole inanzi le sei sue damigelle col Nano, & Nana: & dopò incontrati, che furono fino presso la Scala, ritornatasi in dietro, andò à sedere, ringratiando con benigne, & cortesi parole i detti Signori dell'incommodita presa nel venirla à levare.  Frà tanto fatta la cerimonia del giurare di osservar quanto nella promission Ducale, appresentatale all'hora dal Cancellier grande, si contiene; & donate da lei sette borse d'oro, recatile dal Cavalliere, che havevano ogn'una d'esse una medaglia d'oro con la vera suu [sic] effigie da una parte, & con queste parole:

           Maurocena Maurocena;

E dall'altra:

          Munus Maurocenæ Grimanæ Ducissæ Venet. 1597.

A i sei Consiglieri predetti, & al Cancellier grande; si levò dalla Sedia, & se ne venne à basso con la compagnia predetta, & con la comittiva delle gentildonne invitate, le quali à due à due ascesero in Bucintoro, & sederono in quello con bellissimo ordine.  I sessanta del Senato con li Scudieri, & altri della Corte del Doge non entrarono in Bucintoro, ma nelle piatte Ducali: soli i Consiglieri, i Capi di Quaranta, & i Procuratori, che si trovarono sette, con Almorò Grimani, & Pietro Lando, questi Germano, & quello fratello del Doge ascesero con la Dogaressa in Bucintoro; il quale quindi partitosi, s'inviò à San Marco accompagnato da Bergantini bellissimi di tutte le arti, & specialmente da un Vassello, che non si vide mai il più ammirabile, & il più bello, fatto fare da i quaranta Nobili predetti, che vi erano dentro con due Galee innanti, che facevano ala: la quantità poi delle gondole, e di altra sorte di barche, che andavano dietro, era infinita; si come anco infinita, & innumerabile era quella de gli huomini, e donne, putti, & putte, che si vedevano à i balconi, finestre, pergoli, soffitte, altane, & altri luoghi delle case, & Palazzi, che sono per canal grande, stando à veder à paßar il Bucintoro, con tutte le altre barche predette, che veramente rendevano una vista ammirabile, & singolare. 

Giunto alla piazzetta della paglia, ma vicino alla prima colonna, che ha il San Marco in figura di Leone sopra, cioè tra eßa colonna, & l'angolo del Palazzo, smontò la Prencipeßa con tutta la compagnia sopra il ponte di legno, ivi fabricato à posta sopra alcune piatte, qual si stendeva in fuori per lungo spatio dalla ripa: alla quale vi era stato da i Macellari, over Beccari fatto fabricare un bellissimo ridotto con uno arco altissimo così dalla parte dell'acqua, come da quella di terra in forma quadra, tutto dipinto all'intorno sopra tele, con inventioni assai belle di pitture, di motti, e di figure, che lo adornavano, & abbellivano maravigliosamente.

Nel frontispitio vi era dipinto due Vittorie, fra le quali vi era un San Marco in forma di Leone; & vi si leggevano di sopra queste parole:

          Vibis custos.

Et di sotto vi erano le armi Grimana, & Moresina; dal lato diritto vi era dipinto Nettuno col suo Tridente in mano posto in un nicchio, & dal sinistro vi era pur in un'altro nicchio la Dea Ope, dipinta nella guisa che la dipingevano gli Antichi, con queste parole sotto i piedi di Nettuno in lettere Maiuscole: Meritos tibi; & sotto à quei di Ope; Præstant honores; vi si legge anco dalla parte di Nettuno: Paterni generis splendor; parole, che dinotavano la discendenza della Prencipessa dalla parte paterna con l'arma Morosina; & dalla parte della Dea Ope predetta vi era scritto: Maternæ famigliæ ornamenta, con l'arma Priula, dalla qual famiglia trahe l'origine materna.

Vedevasi anco in questo frontispicio una bella Donna con la corona in capo figurata per Venetia posta in mezo di quattro altre figure, rappresentanti la Giustitia, la Clemenza, l'Equità, & la Munificenza, con parole al dispora, che dicevano; Reipublicæ æternitas: Sotto la Giustitia, & la Clemenza, che erano dalla parte diritta, vi si leggeva; Reipublicæ Imperium: Dove scorgevasi da lungi dipinto il mare, con alcune Isole, e Città, con navi, galee, & altri vasselli, che navigavano per esso; & sotto le figure dell'Equità, & Munificenza, che erano dal lato manco, vedevansi dipinte Città, Castelli, campagne, monti, & paesi lontani con queste parole: Iure belli partum; Volendo con ciò avvertire l'Imperio, & il dominio, c'hà questa Republica così per mare, come per terra.  Leggevasi di più nel mezo di questo frontispitio ad alto queste parole:

                                                Maurocenæ Maurocenæ

Marini Grimani Venetiarum Ducis coniugi, Ducarium felicissimè ingredienti, Societas Laniorum nomini eius deditissima ad veteris observantiæ declarationem arcum eius virtutum monumentis insignem erexit IV. nonas Maij, anno Christi MDXCVII.

Tutte le predette cose vi si vedevano nella facciata, che guardava verso il canale; nella facciata poi, che guardava verso la piazza, vedevansi quasi i medesimi ornamenti, se ben le figure, i trofei, le historie, & i motti erano differenti.

In questa adunque nel suo frontispicio vedevasi un Leon rampante, che nella Zatta diritta teneva una Croce, con un motto, che diceva: Et Reipublicæ, & Religionis tutela; Alla cui destra era dipinto un Giove, con scettri, con corone, con corni Ducali, con cappelli di Cardinali nelle mani, con queste parole à i piedi: Iove Auspice; & alla sinistra vi era una Donna con l'elmo in capo, figurata per Minerva, con alcune cose adosso, & in mano, come soleva esser dipinta da gli Antichi, con questo motto sotto: Prudentia Duce.  Nell'angolo poi dell'arco alla parte destra era dipinta l'arma Grimana, interzata fra la cappella, & fra la Malipiera, che dinotavano la discendenza paterna, del Doge; e però vi si leggeva sotto: Paterni stemmatis Decus; E dall'altra parte vi era l'arma Pisana, inquartata con la Gussona, che dimostrava la discendenza materna: onde era scritto di sotto Maternæ Virtutis insignia.  Vi erano altri motti, tutti significanti le Virtù singolari di questo Prencipe, & le dignità, havute da lui, eßendo stato Podestà à Brescia, e Capitano à Padova, nel qual regimento fu creato Procuratore, & indi cinque fiate Ambasciatore a gli ultimi Sommi Pontefici, cominciando da Sisto Quinto sino a Clemente Ottavo, che ancor felicemente vive.  Le quali cose erano espresse con questi motti:

          Provinciarum, & Procuratorij muneris administratio.

     Per le prime & per le seconde:

         Legationem splendor.

Vi si vedeva anco espressa la sua Coronatione con queste parole:

         Et Virtute & merito.

     Ma in mezo del frontispicio sopra i baluastri era inscritto:

Maurocenæ Grimanæ, Marini Venetiarum Ducis coniugi Sereniss.  ordo Laniorum ob eius in Ducarium adventum fælicissimum.

Vi si vedevano altre figure dipinte, che dinotavano qualche cosa; e tra le altre vi era la Fortuna, sotto le quale leggevansi questi due Versi:

         Ingredere ò una Ducum fortunatissima; namque
         Intranti rerum eventus promitto secundos.

Vi era anco la Fama, con queste parole sotto:

          Post cineres Fama perennis erit.

Et veramente quest'arco era bellissimo, e pieno di motti, e di figure poste con gran giuditio, & arte, e con gran lode dell'inventore.

Smontata adunque la Prencipessa sù'l predetto ponte, innanti che giugnesse al detto nobilissimo arco, le fu fatta una bellissima salva di codette, oltre le molte altre salve, fatte quasi per tutto il canal grande, mentre passava, come ne i campi di San Samuello, di San Vitale, della Carità, di San Vito, e di Santa Maria Zobenigo, senza gli infiniti tiri di arteglieria, che fecero i molti Vasselli; che si trovavano, le fu poi fatta un'altra salva di archibugi dalla compagnia de i Bombardieri, che erano in gran numero; i quali ponendosi innanti andavano in ordinanza, seguendoli una quantità grande di giovani  presso à mille di quegli artifici, che fatto havevano Bergantini, tutti ornatamente vestiti di setta à livrea, i quali caminavano a due a due con le loro insegne per distinguer un'arte dall'altra, portate da Alfieri in modo, che rassembravano un'esercito: seguivano poi ventiquattro huomini vestiti a livrea, che sonavano di tamburi, e di trombe, & altri dodici, che il simil facevano con piffari, & con trombe corte d'argento, vestiti di scarlato; Venivano appresso i Comandatori, poi gli Scudieri del Doge, dietro a i quali venivano le Gentildonne più giovanni con ricche vesti di seta bianca in più maniere, co i suoi guarnimenti d'oro, & d'argento, e co i ventagli candidissimi in mano, le quali caminavano a due a due, di modo che paßando elleno più di ducento, facevano una vista sopra modo riguardevole, e bella; seguivano poi altre, che erano di maggior età, le quali erano vestite non di bianco, ma di altro colore, come di verde, di rosa secca, e di pavonazzo, secondo più pareva loro convenir all'età sua; e tutte havevano il suo filo di grosse perle al collo, oltre gli altri ori, soliti a portarsi da ogn'una, anche fuori di questa occasione; potevano arrivar tra tutte al numero di trecento in circa, e ciascheduna di esse haveva al lato un giovinetto nobile, ò Cittadino pomposamente vestito alla forestiera, che le dava mano; affine che elleno con l'aiuto loro potessero più facilmente, e con maggior gravità caminare, & in andando schifassero il pericolo di cader in terra, che è loro molto facile al presente, per l'altezza troppo grande de i zoccoli, che usano a questi tempi; seguivano poi la moglie del Gran Cancelliere a man diritta della predetta sorella dell'Ambasciatrice dell'Imperatore, questa vestita di Velluto nero ad opera con gran numero d'ori, e di gioie adosso: quella pur di nera veste di seta con le maniche alla Ducale; del quale habito erano anco le quattro mogli de i Procuratori, che sguivano.

Comparvero poscia il Chierico della Prencipessa, i due Gastaldi del Doge, i Secretarij Ducali, il Cappellano, & li Cancellieri inferiori, tutti con le lor vesti solite di color pavonazzo, fuor che Cappellano, che era vestito di cremesino; Venne poi il gran Cancelliere vestito alla Ducale al solito, con le nepoti, figliuole, & la sorella della Prencipessa dietro, questa in habito nero simile à quello delle predette mogli de i Procuratori; & quelle con ricchissime vesti di panno d'oro, e d'argento, con tanti ornamenti di ori, e di gioie à torno, e specialmente sopra il capo, e pendenti dal collo giù per il petto, che era cosa nobilissima à vedere; alle quali seguivano il Nepote, & Generi; poi il Germano, col fratello del Doge sopranominati; alle cui spalle si videro le sei sue Damigelle, col Nano, & Nana; questa vestita di seta verde, e lattata tessuta d'argento, e le altre erano vestite alla forestiera con le sottane di raso di color giallo, & con le rube di sopra di damasco verde, che rendevano una bella vista.

Comparve poi la Prencipeßa, sostenuta da due Scudieri, uno per lato, e due altri di dietro le tenevano sù'l manto, che era tutto di soprariccio d'oro, con fioroni d'argento, sparsi per quello; e del medesimo era anco il corno, c'haveva sopra il capo con la solita fascia d'oro à torno, sotto di cui vi era un sottilissimo velo bianco di seta, che le andava sù le spalle; haveva ella poi la sottana di panno d'oro ricchissima; e le pendeva dinanzi giù per il petto una bellissima croce, composta di finissimi diamanti: se ne caminava appresso lei dal lato manco l'Ambasciatrice predetta, c'haveva al collo un gioiello di grandissima valuta; & finalmente seguivano i Consiglieri, i Capi di Quaranta, i Procuratori, & il resto de i Senatori, & pervenuta questa nobilissima, & lunghissima schiera per la strada à punto, per la quale far si suole ogn'anno la Processione del Corpo del Signore, con l'artinnelle, e panni di sopra, alla porta principale della Chiesa di San Marco, che era stata serrata per tempo, perche non si empisse di persone, che in numero incredibile erano concorse alla Piazza per veder così stupendo, e nobile spettacolo, fu all'arrivo de i tamburi aperta, i quali facendo ala, insieme con quelli dalle trombe, & piffari, lasciarono entrare in Chiesa tutte le predette Gentildonne, che si accommodarono sopra diverse banche, poste da ambi i lati della Chiesa per quest'effetto; ma nell'entrar che fece la Prencipessa in Chiesa le fu fatta una salva bellissima d'arcobugi dalla predetta compagnia di Bombardieri, che erano alla porta, sonando i tamburi, i piffari, e le trombe, che facevano rimbombar l'aere d'una soave melodia; & entrata dentro, fu ricevuto alla seconda porta principale dal Primocerio, detto Luigi Diedo, Prelato della Chiesa, che quivi se ne stette un gran pezzo aspettandola col Piviale à torno, con la Mitra in testa, e col Pastorale in mano, accompagnato dal Capitolo grande de i Canonici, e dal picciolo de i sottocanonici, & altri Preti di Chiesa, havendo ogn'uno il Piviale adoßo, il qual Primicerio fattale prima riverenza, le diede con lo spergolo l'acqua benedetta, poi datale à baciar la pace, & incensatala tre fiate, s'avviò con la Croce, & doppieri di'argento innanzi passando con la sua compagnia de i Canonici, per mezo delle predette Gentildonne, havevano fatto strada in mezo, & si erano accomodate alle banche, come s'è detto di sopra s'avviò, dico, all'altar maggiore, seguendole la Prencipessa, la quale giunta in questo luogo, sù un cuscino di raso cremesino si ginocchiò al primo scalino di esso Altare, ove fatta un poco di oratione, il Primicerio cominciò à dire;

           Salvam fac ancillam tuam Ducissam nostram Domine,

Con gli altri Versetti, che seguono, aggiugnendo nel fine questa oratione.

           Quæsumus Omnipotens Deus, ut hanc famulam tuam, Ducissam nostram ubiq; sapientia tua doceat, atq; confortet, & eam Ecclesia tua fidelem semper agnoscat.

Poscia ascesa ella all'Altare, sopra quello vi pose una borsa con alcuni zecchini dentro, che è l'offerta ordinaria, solita a farsi al Capitolo de i Canonici; poi andata à sedere sù'l Trono Ducale, vi stette fin che tutta la corte, & le Gentildonne predette s'incaminassero, le quali uscite per la porta detta di San Giacomo, furono seguite col medesimo ordine detto innanti dalla Prencipessa, e da i Senatori, la quale salita che fu in capo alla scala Foscara, per girsene per quella via à farsi veder à tutte le arti della Città, trovò quivi il Gastaldo de i Barbieri co i suoi compagni, i quali in detto luogo havevano accommodata la loro stanza, e di tutto ponto fornita con arazzi, e tapeti finissimi: havevano costoro tra le altre cose un'arco fabricato, da i lati del quale vedevansi due figure, rappresentanti Podalirio, & Machaone, figliuoli di Esculapio, sotto il primo leggevasi.

          Non in pestilentia, neq; in varijs gravioribus morbis;

Et sotto il secondo:

           Sed ferre tantum, & medicamentis medebantur;

Con le quali parole volevano inferire la loro professione.

Invitata per tanto come è solito a farsi la Prencipeßa dal predetto Gastaldo a degnarsi di ricever parte di quella confettione già mandata à donare dal Prencipe a tutte l'arti, c'havevano à tal effetto preparata, ella con parole assai cortesi lo ringratiò co i compagni, & essi raccomandati se medesimi à lei, & l'arte loro insieme; Passata più innanzi fù incontrata da gli Orefici, che fecero il medesimo invito: havevano questi ornato il loro luogo superbissimamente, e tra le altre cose vedevasi una credenza così grande, che giugneva [sic] fino sotto i travi, piena d'infinite maniere d'argento lavorato, che era cosa bellissima à vedere, & leggevansi ad alto questi due Versi:

          Læta veni, & nostros non aspernare labores
          Hic te suscipiet non temerata fides.

Et sotto era scritto:

         Maurocenæ Grimanæ Pijssimæ, fœlicissimæque Principi, in Ducarium adventanti, Argentarij deditissimi.

Passati questi fu incontrata da i Sarti, i quali havevano anch'essi addobbato l'Officio del Petitione al pari, de gli altri; & volendo mostrare la tranquillità, & la pace, che godeva all'hora, & gode tuttavia questa Republica, havevano sopra l'entrata posto un motto con alcune figure, che diceva cosi:

          Clauduntur belli portæ.

Seguivano poscia i Carzolari all'officio dell'Esaminatore, i quali havevano collocato sopra l'entrata l'armi Grimana, e Moresina, unite insieme in un solo scudo, con queste parole intorno;

          Divina providentia factum est istud;

Et con quest'altre sotto:

          His Ducibus, & defensoribus Veneta civitas fœlicissima quæq; sibi pollicetur, ac sperat.

Venivano poi i Merzari, che addobbato havevano per ogni verso l'officio del Forestiero superbissimamente: & sotto un'Imagine di nostra Donna, che si vedeva dentro della loro stanza, vi si leggeva:

          Sub tuum præsidium confugimus;

Et più à basso vi era scritto:

          Deiparæ Virgini pro salute, & fœlicissimo in Palatium ingressu Maurocenæ Grimanæ Ducis optimæ Mercarij votum voverunt.  MDXCVII.

Nell'adito poi, che è tra l'officio del Forestiere, e quello del Mobile, havevano accommodato la loro stanza i Specchiari in così bel modo, che fù cosa, che apportò à tutti maraviglia, e dilettatione non poca, vedendo d'ogni intorno, sotto i travi, e per tutto tanta quantità di specchi, che mirandosi in uno d'essi, si scorgevano tutti gli altri; onde pareva, che vi foßero tanti huomini, e tante stanze, quanti specchi vi erano, se ben colui, che mirava era solo, & una era la stanza, nel cui mezo vedevasi una piramide di specchi con una palla rotonda in cima, & sopra l'arco della stanza ad alto vi erano l'armi del Doge, & della Dogareßa con questo motto:

          Virtutum sydera micant.

Havevano poi i Varotari fornita nobilissimamente la stanza del Mobile, facendo mostra delle più superbe, e preggiate pelli, che veder si possano, come di Lupi cervieri, di zibellini, di martorelli, di bibari, di Leopardi, di armelini, di castorij, di ginetti di Spagna, di Barbanti, di Tigri, di gatti Pardi, di altre finissime pelli; e vi si leggeva ad alto.

          Maurocenæ Grimanæ Venetiarum Duci, venationis ex Septentrionali plaga, & reliquis Europæ partibus arcendo frigori delitijsq; præcipua mortalium commoda, & ornamenta, Pelliones suppliciter dedicarunt. IV. Nonas Maij. MDXCVII.

Gli Spadari havevano adornato anch'essi maravigliosamente l'officio del Procuratore, ponendo à vista d'ogn'uno gran varietà d'armi dorate, e lucenti, con questa inscrittione:

          Ex bello Pax.

Nell'adito poi, che segue, vi havevano in vaga, e bella maniera accommodata i Pittori la loro stanza: & ad alto vi si leggeva:

          Maurocenæ Grimanæ Duci optimæ Pictorum deditissimorum insignis pietas erexit.

Nel corritore poscia, dal predetto adito sino dove è la porta, per la quale si entra nelle stanze de i Signori di notte al Civile, li Strazzaruoli si erano accommodati; & il lor motto era tale.

         His Ducibus accepta detrimenta sarcientur.

Seguivano poi i Tintori di seta, accommodati vicino alle stanze de i Cattaveri, col motto di questo tenore:

          Maurocenæ Grimanæ Venetiarum Duci à Senatu insigni pompa in Ducarium deductæ gratissima Venetorum sullonum lætitia dedicavit IV. Non. Maij M.DC.XCVII.

Dietro questi venivano i Testori de i panni di seta, vicini alle stanze de i Signori di notte al Criminale, nel qual luogo havevano essi ornata la loro stanza pur nel corritore con architravi, pilastri, & portoni, molto vaghi, e belli, & con ornamenti assai ricchi, e soperbi; e sopra il portone dell'entrata si leggeva:

         Maurocenæ Grimanæ Ducissæ Venetiarum Sericarij Textores suo in Ducarium adventu hilares, aureis, sericisq; pannis atrium exornarunt,

E sotto questi due Versi:

         Hanc tibi Textores pompam pro viribus æquam

         Præmittunt, mentis pignora certa suæ.

Seguivano poi i Marangoni, i Tagliapietra, i Fabri, & i Muratori, i quali havevano la Sala del Piovego ornata insieme unitamente, poi che era capace à bastanza per tutte queste quattro arti, ogn'una delle quali pose tutto lo spirito in honorare la Prencipessa: poi che fuori del detto ufficio, cioè nel corritore, vi erano adornamenti superbissimi così di razzi, e di tapeti, come di pitture, e di statue di stucco con motti diversi, che dinotavano il contenuto di esse pitture, & scolture, posti veramente con bellissima, & ben'intesa maniera: di dentro poi oltre l'esser il luogo tutto di finissimi razzi fornito, vi si vedevano anche quattro tavole delle quattro arti predette con tapeti bellisimi addobbate, le quale erano cariche di nobilissima confettione, posta sopra piatti d'argento: Sopra una di queste vedevasi ad alto dipinto San Tomaso; Sopra l'altra Sant'Alò; Sopra la terza San Gioseppe; Et sopra la quarta i Santi quattro coronati; Il primo de i Muratori, il secondo de i Fabri, il terzo de i Marangoni, & gli ultimi de i Tagliapietra, Protettori; ma nel mezo di questo luogo vicino all'altra porta, che era serrata, vi era un'altra tavola lunga, alla quale stavano a sedere i Gastaldi, & i compagni di esse arti, & di sopra ad alto attaccato un grande scudo si vedeva con l'arme Grimana, e Moresina, con questo motto sopra:

          Ad Nestori Annos.

I Bombardieri poi havevano accommodato il rimanente del corritore in faccia dell'officio del proprio con tapezzarie illustri, e belle, con portoni, colonne, figure, & altre cose dipinte in vaghissima maniera.

A questi venivano dietro gli scorzatori de i cuoi, che havevano la sua stanza addobbata all'officio del Proprio, & oltre le pitture, che vi si vedevano, vi era una statua di S. Andrea Apostolo loro Protettore, tutta di rilievo dorata, e miniata, con un breve in mano, che conteneva il secondo articolo della nostra fede, da lui composto.

Nell'edito poscia dell'officio delle Biade, e della bestemmia vi era la stanza de i Pistori, ornata anch'ella superbissimamente, con figure bellissime, colonne, fregi, & cornici; & tra le altre figure vedevasi Cerere, di spiche coronata, con questo motto sotto i piedi:

           Hilarius flavescent;

Ma di sopra poi leggevasi:

           Maurocenam Grimanam Venetiarum Ducem, Palatium fæliciter ingredientem, Pistores summa gratulatione, ac lætitia suppliciter excipiunt. IV. Non. Maij M.D.XCVII.

Et sotto tal inscrittione vi si scorgevano l'armi di Antonio Cicogna Procuratore, fu fratello del Doge paßato, e di Paolo Paruta Cavaliere, & Procuratore, ambidue all'hora Sopraproveditori alle biade.  Sotto quella del Cicogna leggevasi:

           Æmulus fraternæ virtutis;

 Et sotto l'altra del Paruta.

           Sublimi feriet sydera vertice.

I Vetriari finalmente nel fine di quest'adito, ove l'officio del Piovego fa cantone, havevano anch'essi non men superbamente ornata, & accommodata la loro stanza: ma ammirabile era il veder la mostra, che essi fecero di vasi, bicchieri, tazze, & altre diverse opere di lucidissimo cristallo, oltre gli altri adornamenti, che vi si vedevano, che arrecavano à i riguardanti stupore, e maraviglia.  Il motto, che essi havevano, era di tal tenore.

           Maurocenæ Grimanæ, Ducissæ Serenissimæ; Vitrearij non vitreo, sed perenni cultu, observantiasq; suum præcipuum studium declarant.

Quì adunque terminavano le predette arti, poiche anco non vi era più luogo per loro, dovendo la Prencipeßa per la scala quì vicina girsene di sopra alla Sala del Gran Consiglio, come è solito a farsi.  Et è cosa per certo molto bella, degna, & ammirabile à vedere lo spatio così lungo, come è questo, che è di passa 130. ornato tanto riccamente. 

Tralascio di dire con quanta riverenza, & humanità fosse ricevuta la Prencipessa da ciascuna delle dette Arti; quali parole di molto affetto, e divotione fussero usate nell'invitarla à far seco collatione, (imperoche ogni arte haveva la sua tavola di nobilissime confettioni ripiena, poste sù piatti d'argento); Tralascio parimente di dire del soffitto, che era tutto da un capo all'altro di celeste color coperto, con le sue stelle d'oro; & così delle porte de gli officij inargentate, e dorate; delle colonne del Palazzo di panni di seta, & di finissimi tapeti coperte; della grandissima quantità di Sedie di Velluto, e di scanni dorati, che per ogni stanza di esse arti si vedevano; il simile dico della soave, & gioconda armonia di varij stromenti, che vi si udiva del continuo per ogni luogo, nel passar, che faceva la Prencipessa; la quale finalmente giunta al piede della scala suddetta, per la quale doveva ella alla Sala del gran Consiglio ascendere, salì con tutta la compagnia, e posesi à sedere nel Ducal Trono, sedendo preßo di lei alla destra l'Ambasciatrice con tre Consiglieri, due Capi di Quaranta, e tre Procuratori; & alla sinistra i tre altri Consiglieri, l'altro Capo di Quaranta, & quattro Procuratori.

Dal lato destro poi sedevano le mogli de i Procuratori del Gran Cancelliere, & la sorella dell'Ambasciatrice; e dal sinistro il Fratello, il Germano, i Generi, & il Nipote del Doge: la sorella, le figliuole, & le Nipoti della Prencipessa hebbero alcune Sedie di Velluto, poste sù'l Tribunale; le altre Gentildonne s'accommodarono à sedere la maggior parte di eße sù'l banco ad alto, & il restante di esse fecero il medesimo à baßo sù'l secondo banco co i Senatori; imperoche era stata la Sala de gli altri banchi soliti fatta libera, e spatiosa per tal'occasione.

Hor accommodati che furono tutti à sedere, tosto si cominciò à danzare: ma mentre si danzava, comparvero nella Sala dello scruttinio, ove era già stata una ricchissima, & nobilissima colatione di confetture, & figure di zuccaro in diverse vaghe maniere regalissimamente apparecchiata, da quasi mille giovani delle predette arti, quivi gionti a posta per levar, come è solito à farsi, eßa colatione, & portarla, come fecero, à lume di più di cento torcie, per la Piazza di San Marco, la qual attorniata da loro con infinito concorso di persone, che venivano à veder così regale, & splendida colatione, tornarono à Palazzo, & ascesi tutti nella Sala del gran Consiglio, ove ancora si ballava à lume di più di 60. torcie, parte delle quali pendeva giù dal soffitto sopra tante ancore, e la maggior parte circondava la Sala, attaccate à i muri.

I quaranta Compagni cominciarono, dopò ceßato, e dato fine al ballo, à distribuir la detta colatione a tutte le Gentildonne soprascritte; laquale distribuita che fu, la Prencipessa levatasi da sedere, prese licenza da i Consiglieri, e da gli altri Signori, & il simile facendo à tutte le Gentildonne, ritirossi alle sue stanze.

Et così si diede fine alla soprascritta solennità per detto giorno.

Nel seguente poscia volle la Prencipessa, che si faceße una solenne festa di danzare; e però invitate tutte le predette Gentildonne, vennero quasi tutte à Palazzo di altre vesti di seta, ma del medesimo colore, che il di innanti vestite, & giunte nella Sala medesima, comparve poi la Prencipessa, anch'ella con altro non men ricco manto del primo, accompagnata dalle medesime Signore, che'l dì innanti; e postasi à sedere nel Ducal Trono, fu dato principio alla festa dal Duca di Bracciano, che quivi all'hora si trovava, il quale presa per mano una delle figliuole di lei, cominciò à danzare, il simile facendo tutti quei Gentilhuomini così della Città, come forestieri che quivi si trovavano.

Durò questa festa dalle 19. sino alle ventitre hore;2 poscia di ordine della Prencipessa cessato il suono, & per consequenza anco il ballo, se n'andò con tutte quelle Gentildonne nella Sala dello scruttinio, e seduta sù'l Tribunale diede à tutte una sontuosissima, & honoratissima colatione, apparecchiata regalmente sù tavole, che giugnevano [sic] da un capo all'altro della Sala.

Finita la colatione la Prencipessa se ne tornò alle sue stanze, & le Gentildonne fecero il simile alle case loro.  Il martedì poscia giorno seguente al predetto, fecesi alla Prencipeßa la presentatione della Rosa benedetta, mandatale à donare dalla Santità del Sommo Pontefice; laqual fu fatta puntualmente nel modo quì sotto da noi, che fummo presenti, descritto.

Essendo giunto à Venetia il Sabbato di sera, giorno festivo della Croce di Maggio, & precedente al sopradetto della Coronatione, il Cameriere secreto del Papa, detto Claudio Crotta, se n'andò ad alloggiare nel Palazzo di Antonio Maria Gratiano, Vescovo d'Amelia, che si trovava all'hora Legato Apostolico appreßo la Republica; havendo seco portata la Rosa benedetta, ch'egli era per appresentare in nome di Sua Beatitudine alla Principessa dopò la sua Coronatione, che fatta fu il giorno seguente con quegli apparati, e trionfi, da noi di sopra notati.  Il perche non potendo il Senato in detto giorno ridursi, per determinare il dì, nel quale far si dovesse la presentatione di un tal dono, i Savij del Consiglio la mattina del Lunedì seguente diedero ordine, che fusse per la sera all'hora solita chiamato esso Consiglio; dal quale poi fu terminato, che quella presentare il martedì, giorno di S. Giovanni ante Portam Latinam si doveße.  Onde ricercando la presentatione di un tanto dono solennità di cerimonie non poca, sì per la grandezza, & maestà del Donatore, come per la nobiltà, & illustrezza della persona, cui era per farsi questo dono: però di ordine del sopradetto Consiglio fu invitato à cantar Messa pontificalmente il detto Nuncio; al cui palazzo essendo andati la mattina di detto giorno co i Piati 50. Senatori, vestiti de cremesino alla Ducale, per levar quello, & il Cameriere insieme, due Cavalieri ch'erano i primi tra essi Senatori, l'un Matteo Zane, hora meritissimo Patriarca di Venetia, & l'altro Giovanni Mocenigo, smontati al detto palazzo con tutti gli altri Senatori, andarono ad incontrare i detti Nuncio, & Cameriere, che se ne venivano giù delle scale, accompagnati da diversi Prelati; cioè dal Serafini Arcivescovo di Spalato, dal Barbaro, Arcivescovo di Tiro, eletto Patriarca d'Aquilegia, dal Valiero, Vescovo di Cividal di Belluno, dal Priuli, Vescovo di Vicenza; dal Sanuto, Vescovo di Concordia; dal Bollani Vescovo della Canea, dall'Invitiati, Vescovo del Zante, dall'Abbate Loredano, dall'Abbate Pesaro, & altri.  Al piede delle quali Scale incontrati che furono da' detti Senatori, dopò il saluto, & riverenza tra loro à vicenda fattasi, i sopradetti Cavaliere in mezo di lor due tolsero il Nuncio, & il Cameriere, che vestito all'uso di Roma, quando viene Sua Beatitudine accompagnata in Cappella, portava in mano la Rosa benedetta; gli altri veramente Senatori tolsero anch'essi a man diritta i Prelati, & così montati i Piati se ne vennero alle rive del Palazzo Ducale: ma nello smontare, che fecero, per venire in Chiesa di San Marco, furono dal Primicerio di essa Chiesa chiamato Luigi Diedo, insieme col suo Vicario, & con quattro Canonici de' più vecchi sotto il portico di esso Palazzo per honore incontrati, il quale poscia accompagnatosi con loro, avanti i Prelati se ne veniva dietro il Nuncio, à man diritta di un Senatore, col detto Vicario, & Canonici inanti, verso la porta della Chiesa detta di San Giacomo: dove giunti che furono, trovarono gli altri Canonici, col restante del Clero di essa Chiesa, che con la Croce, & quattro Doppieri d'argento stavano aspettandoli; dove dato dal Mastro delle cerimonie lo spergolo dell'acqua benedetta in mano al Nuncio, con quello asperse prima se stesso, poi il Cameriere, che (come di sopra s'è detto) in mano portava la Rosa benedetta; la quale portata da lui con gran riverenza, & divotione all'Altar maggiore, quella pose, & accommodò sopra la Patena del Calice grande pretioso, che nel mezo di esso Altare metter si suole ogni volta che sopra quello si pone il pretiosissimo tesoro in certe solennissime Feste dell'anno, come anco in questa occasione di ordine del Senato da Federigo Contarini Procuratore, & all'hora Cassiere della Chiesa fecesi fare.

Posta & accommodata la detta Rosa sopra eßo Calice, il Nuncio, & il Cameriere, co i Prelati, & Senatori si ginocchiarono; & fatta alquanto d'oratione, si levarono sù, & con uno riverente inchino salutarono la Prencipessa; che un poco inanti la loro venuta se ne era per la scala de' Giganti di Palazzo discesa, & per la porta maggiore della Chiesa entrata, & ascesa in Coro: & se ne stava à sedere sopra una Sede di raso Cremesino, come quella del Doge, fornita, ehe [recte, che] la mattina per tempo à posta le fu fatta, & presso l'Altar Maggiore dalla parte del Vangelo accommodata nel luogo à punto, dove il Cassiere della Chiesa seder suole, quando il tesoro fa poner sopra l'Altare: appresso la quale sedevano sù la prima banca le Mogli de i Procuratori Giovanni Soranzo Cavaliere, Andrea da Legge, Paolo Paruta Cavaliere, & Paolo Nani, & la Moglie di Domenico Vico, gran Cancelliere; alla seconda banca, prima sedeva sua sorella, Moglie di Almorò Grimani, fratello del Prencipe, & dietro à lei le sue figliuole, & nepoti; finalmente alle altre banche il simil facevano molte altre gentildonne, che dietro lei venute erano à due à due, accompagnandola in Chiesa: avanti la quale i tamburi, le trombe, & i piffari sonando andavano; questi seguivano i Comandatori; poi il suo Chierico con sopraveste à maniche larghe di zambelotto à onde pavonazzo; dietro lui le sei sue damigelle con habito alla forestiera pomposamente addobbate venivano.  Dopò queste il suo Cappellano à man diritta del Cavaliere del Doge seguiva, di cremesino ambedue vestiti; poi il Nano, & la Nana; finalmente ella era da due Scudieri sostenuta, & due altri le tenevano sù il pretioso, & bel manto, che insieme col corno Ducale era di soprariccio d'oro.  Reso con consimile inchino da lei, che di sedere levossi in piedi, il saluto col Corno in capo al Nuncio, al Cameriere, à gli Prelati, & a' Senatori, che fatto glie l'havevano, il Nuncio alla sua Sede, che appresso il detto Altare dalla parte dell'Epistola era sopra il solito faldestorio apparecchiata, se ne andò, per ivi de' vestimenti Pontificali à pararsi per cantar Messa, & il Cameriere, co' Prelati, & Senatori, presa dal Legato licenza, di Chiesa si partirono, & col medesimo ordine, che vennero à levare il Prencipe, & la Signoria, che quelli in Collegio stavano aspettando per venir in Chiesa, andarono.  Alla quale discesi, & per la porta maggiore in quella entrati, il Prencipe alla sua solita sede s'inginocchiò, & presso lui il Cameriere, i Prelati fecero il medesimo al luogo de' Procuratori, prima un Prelato ginocchiandosi, & poi un Procuratore, & così di mano in mano per tutto il detto luogo.  Il simile dalla Signoria, & da' Senatori a' suoi luoghi, apparecchiati per sedere, fu fatto.  Quindi, havendo il Prencipe fatta alquanto oratione, levossi sù, & (come di far'è solito, quando viene in Chiesa) à ginocchiarsi sù'l primo scalino dell'Altar maggiore se n'andò, per risponder alla Confessione della Meßa, ch'era per celebrarsi dal Nuncio: il quale, essendosi di già apparato de' sacri habiti Pontificali, anch'egli subito al primo scalino di esso Altare, per far la detta Confessione, se ne venne: avanti di lui andando la Croce, & quattro doppieri d'argento, poi due Chierici con le navicelle dell'incenso in mano; dietro questi due Gioveni co' torriboli venivano; poi due Acoliti; dopò questi un Sottocanonico col piviale, che il pastoral portava; questo seguivano due Canonici di Chiesa del numero de'Residenti, che il Vangelo, & l'Epistola cantarono, & ne fui io uno di essi; poi altri due Canonici Piovani co i piviali, astanti del Legato, dopò il quale veniva un'altro Sottocanonico col piviale, à tener la Mitra deputato; tutti per servir quello nel Santissimo Sacrificio, che era per celebrare.

Fatta che hebbe il Nuncio col Prencipe la Confessione, il Doge all sua Sede insieme col Cameriere tornò; dove poi quattro Canonici per fargli col suo Cappellano le solite cerimonie andarono altri due alla Principessa, & due al Primicerio fecero il medesimo: Et il Nuncio ascendendo l'Altare, & quello incensando, come ordinano le Rubriche del sacro Messale, s'incominciò a cantar Meßa, con quella maggiore solennità di cerimonie, e di canti, & suoni, che in sì fatta occasione si ricercava.

Cantato dal Diacono il Vangelo, quello à basciare prima si diede dopò il Legato al Prencipe, poi alla Prencipessa, dietro à lei al Cameriere, & finalmente al Primicerio, che al suo solito luogo se ne stava à sedere.  Il medesimo ordine si tenne anco nell'incensare dopò l'Offertorio della Messa, & così dopò gli Agnus Dei nel dar à baciare la Pace.  Nel fine poi della Meßa, cioè, dopò il Versetto, Ite missa est, il Cappellano del Prencipe andò à levare il Cameriere, il quale con molta riverenza, & modestia partendosi dal luogo, ove stava à canto del Doge, se ne venne all'Altare preßo il Legato, che così apparato, come era, in mezo di quello con la Mitra in capo sedeva, sopra una Sede di Velluto cremesino, portatagli à posta; Et la Prencipessa dalla sua Sede per il suo Cavaliere levata, al detto Altare anch'ella se ne venne, & ginocchiosi sopra il primo grado alla presenza di esso Nuncio, con aßai gravità, modestia, e divotione, dove subito essendo venuto Paolo Ciera, Secretario Ducale, & da lui segno di silentio facendosi, (poscia che per la moltitudine del popolo, ch'era in Chiesa concorso, per veder una sì fatta cerimonia, non si havrebbe potuto sentir à leggere) cominciò con chiara, ed alta voce, sì, che fusse da tutti ben sentito, a legger la soprascrittione del Breve Apostolico, che cosi diceva:

           Dilectæ in Christo filiæ, Nobili Mulieri, Maurosinæ Venetiarum Ducissæ.

 Et aperto esso Breve lesse medesimamente tutto quello, che conteneva, cioè:

          CLEMENS Papa Octavus dilecta in Christo filia, Nobilis mulier, salutem, & Apostolicam benedictionem.  Auctor vitæ, & salutis nostræ Christus Dominus, quem Pater sanctificavit, & misit in mundum, ut opus redemptionis nostræ perficeret, multiplici figurarum varietate, & nominum significatione in divinis scripturis est adumbratus; ut per res notas, & sensibus nostris obvias ad eius cœlestes, & admirabiles proprietates pervestigandas, atq; intelligendas mens nostra facilius excitetur.

Inter cæteras verò nuncupationes, flos etiam est appellatus, cuius floris pulchritudine, & odoris suavitate animæ fideles mirabiliter alliciuntur, atq; oblectantur, ita ut miro modo attractæ currant post eum, qui de se ipso dicit: Ego flos campi, qui egressus est de radice, & virga Iesse, super quem requievit Spiritus Sanctus, qui illi non ad mensuram est datus: sed omnis plenitudo divinitatis corporaliter habitat in eo, ut de eius plenitudine omnes acciperemus.

         In huius igitur divini floris memoriam consuevit veteri instituto Romanus Pontifex quotannis Rosam auream solemni sacrarum ceremoniarum ritu benedicere sacro quadragesimali tempore, quando Sancta Mater Ecclesia ad hunc florem colligendum, hoc est ad Christi imitationem, filios suos potissimum invitat.  Quia verò Nobilitatem tuam paterna in Domino Charitate prosequimur, & tuam præstantem pietatem non ignoramus, ad nostram voluntatem, & benevolentiam erga te, & Nobilem Virum Ducem Venetiarum, Virum tuum, & filium nostrum singulariter dilectum, hoc etiam argumento testificandam, mittimus ad te Rosam auream, à nobis de more benedictam; ut illius amore, & charitate, quem Rosa ista significat, tantò magis accendaris, & benedictionibus cælestibus repleatis.  Illam autem nostro iussu ad te defert familiaris noster, & ab intimo, & secretiori cubiculo nostro Claudius Crotta, quem valdè amamus, quiq; cœtera nostris verbis tibi copiosius exponet.  Tu illum, ut nostrum, & à nobis missum, benignè, hilarisque vultu aspicies, & pro tua pietate, & devotione erga hanc Sanctam Apostolicam Sedem, in qua (licet immeriti) Deo auctore præsidemus, munus ipsum pio affectu, omniq; cum reverentia accipies, ut de te nobis certò persuademus.  Ipse autem Christus Dominus, qui te multis donis, & seculi huius gloria ornavit, ipse, te gratia sua cumulet in terra, & in cœlo præmijs coronet sempiternis; & nos tibi paternam, & Apostolicam benedictionem nostram impartimur.

        Dat Corneti sub Annulo Piscatoris, Die XXVIII.Apr.MDXCVII.  Pontificatus nostri Anno Sexto.  Sylvius Antonianus.

Letto dal Secretario il Breve, il Cameriere, che (si come s'è detto) à canto era del Nuncio, gli disse queste parole: Vostra Signoria Illustrissima, & Reverendissima, ha benissimo inteso quanto nel breve hor letto si contiene; però la sarà contenta di esequire la volontà di S. Beatitudine, dando alla Serenissima Dogaressa presente la Rosa, portatagli da me à donare di ordine, & comandamento suo.  A cui rispondendo il Nuncio, disse.  Siamo contenti; però pigliatela, & datecila in mano.  Il che fatto, cominciò il Nuntio, tenendo con ambe le mani essa Rosa, à dire alla Prencipessa le seguenti parole, cioè: 

          Accipe Rosam de manibus nostris, quam ex speciali commissione Sanctissimi in Christo Patris, ac Domini N.D. Clementis, Divina providentia Papæ Octavi, nobis facta, tibi tradimus; per quam designatur gaudium utriusq; Hierusalem triumphantis scilicet, & militantis Ecclesiæ, per quam omnib. Christi fidelibus manifestatur flos ipse speciosissimus, qui est gaudium, & corona Sanctorum omnium.

          Suscipe hanc tu dilectissima eius filia, quæ secundum sæculum nobilis, potens, ac multa virtute prædita es, ut amplius omni virtute in Christo Domino nobiliteris, tamquam Rosa plantata super rivos aquarum multarum: quam gratiam ex sua uberanti clementia tibi concedere dignetur, qui est Trinus, & Unus in sæcula sæculorum.  Amen.

Poi le diße: Vostra Serenità dunque ricevi la presente Rosa, mandatagli à donare da sua Beatitudine.  Alle quali parole rispondendo soggiunse la Prencipessa, Ringratiamo grandemente sua Santità di un così devoto, & nobil dono, che si è degnata farci; qual riceviamo volontieri, & promettiamo di conservarlo con diligenza, & divotione, per amor di sua Beatitudine: onde pregaremo sempre N.S. Iddio, che lungamente la prosperi, & feliciti.

Havendo il Nuncio simili parole udito, ripigliò, & le disse: Non si può altro che questo aspettare dalla Serenità Vostra.  Alla quale poi porgendo la Rosa, la Prencipessa volle prima il piede di quella basciar tre volte, per dimostrar con quanta riverenza, & divotione ricevuta era da lei.

Presa in mano la Rosa, si levò in piedi, & al suo Cappellano, consignandola, alla sua Sede con la medesima gravità, & modestia tornossi; & il simile havendo fatto al suo luogo il Cameriere, dal Sottocanonico, che (come di sopra si disse) il pastoral teneva, fu detto:

          Humiliate vos ad benedictionem.

Alle quali parole essendosi tutti inginocchiati, il Legato diede la solenne sua benedittione; & poi dal Diacono fu publicata la sua Indulgenza in questo modo.

          Illustrissimus, & Reverendissimus in Christo Pater, & Dominus, Dominus Antonius Maria Gratianus, Dei, & Apostolicæ sedis gratia Episcopus Amerinus, atque in toto Serenissimo Venetiarum Dominio Legatus Apostolicus, dat, & concedit omnibus, qui huic divino inter fuere misterio, centum dies indulgentiæ, in forma Ecclesiæ consueta.  Orate Deum pro felici statu Sanctæ Matris Ecclesiæ, & pro diuturna Serenissimi Principis nostri, sapientissimique Senatus incolumitate, atq; pro sua Illustrissima, & Reverendissima Dominatione.

Finalmente essendosi finita la Messa, & dal Vicario di Chiesa, che presso il Primicerio sedeva, detta l'Oratione: Deus, qui per ressurrectionem, dopò l'Antifona, Regina cœli lætare alleluia, il Nuncio al suo faldestorio per ispogliarsi de i Sacri habiti Pontificali se n'andò: & la Prencipessa tra tanto col medesimo ordine, & per l'istessa via, che venne, con la sopranominata compagnia di Gentildonne à Palazzo tornossi il Prencipe, poscia insieme col Nuncio, (che di già spogliato, al suo selito [recte, solito] luogo presso il Doge andato se ne era) col Cameriere, & con la Signoria fece il medesimo; Et giunti che furono à i piedi della scala de i Giganti, esso Nuncio, il Cameriere, & li Prelati, presa licenza dal Doge si partirono; il quale poi salendo le seale [recte, scale] del Palazzo con la Signoria, à quella, & alle sopradette Gentildonne, solennissimo, & splendidissimo banchetto fece nella Sala del Maggior Consiglio; essendo state apparecchiate due sontuosissime tavole, lunghe quanto essa Sala, una per lui con la detta Signoria dalla parte, che risguarda sopra il maggior canale, & l'altra per la Prencipessa con le Gentildonne dalla parte, che guarda sopra la Corte, con due Sedie in capo di eße Tavole, una dirimpetto all'altra, vicine al Tribunale, & di raso cremesino fornite: Dopò pranso fu fatta, per dar piacere à i convivanti, una solennissima festa di guerra navale de gli Inglesi, di regate, & altro, che diede loro grandissimo gusto, & alla moltitudine del popolo insieme.

Essendosi poi il Giovedì seguente il Senato nel suo Consiglio ridotto, fù da lui terminato, che la Prencipessa dovesse per tutto il tempo della sua vita tener presso di se la sopradetta Rosa benedetta, & dopò la sua morte fosse insieme con le altre, da i Sommi Pontefici a i Prencipi di questa Republica già per l'adietro mandate, posta nel Tesoro.  Si deliberò anco, che al detto Cameriere Apostolico dato fosse il solito presente, qual fu di scudi d'argento Venetiani cinquecento.  Et eßendo stato presentato anco dalla Prencipessa di diversi honorevolissimi doni, come di panni di seta, di rensi, di zuccari, e di altre gentilezze, di valuta di trecento altri scudi, à gli 14. di Maggio di Venetia partendosi, à Roma molto lieto, & contento tornossi.

References

1. This would be approximately 1:30–1:45 p.m. in modern time.  Venetian time in the late 16th century was calculated on a 24-hour clock from sunset. On May 4, therefore, noon would have been approximately 16:20 hours and "verso le diociotto hore", about 1:30–1:45 p.m.  See Michael Talbot, "Ore Italiane: The Reckoning of the Time of Day in Pre-Napoleonic Italy," Italian Studies, 40 (1985): 51–62, especially the conversion table on p. 60.

2. From approximately 2:45 p.m. to 6:45 p.m.

[Brackets added by authors.]

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